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ARTICOLO TRATTO  DA "IL CITTADINO" DEL 09/12/2010 - Malati di gioco, figli di un Dio minore
 

Le comunità lodigiane accolgono sempre più persone che devono disintossicarsi da slot e lotterie: per loro non c’è rimborso
Malati di gioco, figli di un Dio minore
Boom di dipendenze da videopoker ma per il Pirellone non esistono
 

 

È in forte crescita, a detta degli operatori del settore, ma non è riconosciuta come una patologia dalla Regione Lombardia. E quindi le comunità non ricevono contributi, a differenza di realtà come il Piemonte e il Trentino. La dipendenza da gioco rappresenta ormai una piaga anche nel Lodigiano: lo afferma con piglio deciso Peppo Castelvecchio, responsabile della comunità “Il Pellicano” di Vidardo. Alla sua voce si aggiunge quella di Marilena Seminari, responsabile della comunità Alfaomega di Graffignana. In attesa di avere dati precisi sul fenomeno (l’Asl nei giorni scorsi ha rimandato a un incontro sul tema, a metà mese), parlano gli operatori delle comunità, quelli che ogni giorno sono in “prima linea”: l’allarme non è rappresentato solo dalle droghe (che pure restano un problema drammatico), ma anche dai videopoker, presenti in moltissimi bar del Lodigiano, come pure dalla galassia dei giochi a premi, dal Superenalotto ai Gratta & Vinci, che la pubblicità reclamizza con grande spiegamento di forze. «Abbiamo di fronte un fenomeno in espansione - spiega Castelvecchio -, e le ragioni che spingono le persone più comuni a piombare nella dipendenza da gioco sono molteplici: c’è chi ha bisogno di soldi, e pensa di poterne ricavare dai videopoker; c’è chi invece non vede il gioco sfrenato come un problema. Nel momento in cui si accostano ai servizi (il Sert, servizio tossicodipendenze, ndr) prendono però coscienza del loro problema». A spingere i moderni “schiavi del gioco” (tra questi anche donne e giovani) a chiedere aiuto è il ritrovarsi con l’acqua alla gola. «La dipendenza da gioco spesso porta con sé debiti, famiglie rovinate, separazioni, bollette da pagare: nel momento in cui ci si ritrova senza soldi ci si rende conto di avere un problema e si chiede aiuto. Molto spesso queste persone resistono fino a quando restano a galla». Poi, un minuto prima di affondare, se ne hanno la forza lanciano l’allarme. E la via d’uscita, nel Lodigiano, può essere una comunità: non ne esistono di specifiche per il problema del gioco e così può capitare che l’Asl chieda la collaborazione delle tradizionali comunità per tossicodipendenti. Come quella di Castelvecchio: «Da cinque anni, su segnalazione del dipartimento dipendenze dell’Asl, seguiamo anche persone con problemi legati al gioco - conferma - e proponiamo loro un programma di intervento concordato con il Sert, che passa per il lavoro e per una gestione dei soldi affidata agli operatori della comunità. Generalmente i percorsi durano come minimo sei mesi, è difficile comunque arrivare a un recupero totale delle persone». Marilena Seminari parla di «patologia compulsiva che rientra nel gioco d’azzardo» e che «sovente rappresenta un sintomo di altri problemi a livello di personalità». Il profilo del giocatore «non è generalizzabile». «Certo è - aggiunge la Seminari - che il fenomeno esiste, i comportamenti vanno studiati e seguiti e non credo ci siano comunità che si dedicano unicamente a questo nella nostra zona». La conferma arriva da Castelvecchio, che sottolinea come «la dipendenza da gioco non è riconosciuta come patologia in Lombardia e quindi le comunità protette non ricevono contributi regionali per il pagamento delle rette». Lorenzo Rinaldi

 

 

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